In sala d’attesa, qualcuno parla di “avere preso la sinusite” come se fosse un raffreddore contagioso. La sensazione è familiare: pressione alla fronte, naso bloccato, dolore dietro gli occhi. Ma la distinzione che fa la differenza non è lo stato d’animo, è la causa. La sinusite può essere la conseguenza di un virus, di un batterio o di fattori allergici. Solo nel primo caso c’è un rischio reale di trasmissione, perché a circolare è il microbo che ha scatenato l’infiammazione, non la condizione dei seni nasali in sé. È un dettaglio che molti sottovalutano quando si scambiano consigli in farmacia o al lavoro.
Come si trasmette e quando non lo fa
La parola chiave è virus. Quando una sinusite nasce da un’infezione virale — come un comune raffreddore, l’influenza o i rinovirus — il potenziale di contagio riguarda il patogeno iniziale. In queste situazioni il virus si diffonde con starnuti, tosse o contatto ravvicinato, e può passare da persona a persona prima che compaiano i sintomi e per circa una settimana dopo l’esordio. Tuttavia, la sinusite in quanto tale non esce dai seni paranasali: il muco che causa pressione e dolore resta intrappolato e non è un veicolo di contagio diretto.

Al contrario, le forme batteriche e quelle dovute ad allergie non si trasmettono: sono il risultato di un sovvertimento locale o di una reazione immunitaria personale. Un parametro utile per orientarsi è la durata dei sintomi: un’infiammazione che migliora in meno di dieci giorni è spesso virale; se i disturbi persistono oltre i dieci giorni o peggiorano dopo un iniziale miglioramento, si sospetta un’infezione batterica. Un dettaglio che molti notano solo d’inverno è che gli spazi chiusi e il riscaldamento secco favoriscono la diffusione dei virus, soprattutto nelle grandi città italiane.
Riconoscere, curare e quando consultare lo specialista
Riconoscere la causa è il primo passo per decidere il trattamento. I sintomi tipici — congestione nasale, sensazione di peso sul volto, dolore localizzato e secrezione nasale — non bastano da soli a distinguere virus da batteri. Il colore del muco, spesso considerato indicativo, non è affidabile: un muco giallo o verde non significa automaticamente che servano antibiotici. Per questo motivo, in Italia e altrove, si raccomanda prudenza: gli antibiotici sono indicati solo quando esistono chiari segni di infezione batterica, come febbre elevata persistente o peggioramento dopo un periodo iniziale di miglioramento.
Per alleviare i sintomi e ridurre le complicazioni si suggeriscono misure conservative: lavaggi nasali con soluzioni saline, umidificazione degli ambienti e gestione delle allergie quando presenti. Se i disturbi durano a lungo o si ripresentano, è opportuno rivolgersi a un otorinolaringoiatra che possa valutare eventuali anomalie anatomiche o cause croniche. Un aspetto che sfugge a chi vive in città è che il controllo delle allergie e un corretto uso del riscaldamento domestico riducono significativamente le ricadute nel corso dell’anno. Infine, una valutazione specialistica aiuta a escludere complicazioni e a impostare un percorso di cura personalizzato: è il passo che molti pazienti scoprono necessario quando gli episodi si fanno più frequenti.